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CHE COSA E' HIPPY

 

Credo di poter dare un contributo per far capire che cos’è il Movimento Hippie, perché ci sono passato dentro e tuttora mi appartiene da 50 anni.

Questa è una testimonianza.

 

In quarto liceo avevo 15 anni, ed era il 1967. Non sapevo assolutamente nulla della cultura americana, tantomeno della Beat-Generation e dei figli dei fiori.

Noto su una rivista una foto bianco/nero: il volto di una ragazza hippie e mi colpisce al cuore.

Càpitano queste cose e non sono mai casuali. Ritaglio con cura la pagina e la incollo come copertina del mio diario scolastico. Ogni giorno con me per un anno, è stata la mia prima compagna del cuore. Non la ragazza della foto, intendo, ma la sensazione che mi provocava. La ricordo ancora o, più esattamente, la posso sempre evocare.

Immagini di questo tipo non si imprimono nelle reti neurali ma sorgono dalla memoria elettromagnetico-quantica memorizzata nel corpo.

Per chi volesse i dettagli neurofisiologici del fenomeno a cui mi riferisco, può consultare l’articolo tecnico su: http://www.dottcirodarpa.it/informazioni-di-biofisica-umana

 

Nel 1974 il mio primo trip, a 21 anni. Mi cambia abbastanza la vita e ho un anno che definirei “hippie”, se già la cosa non si chiamasse già più propriamente “freak”.

 

Oggi, a cinquant’anni da Woodstock (12-15 agosto 1969) vorrei analizzare cos’è il Movimento Hippy e cosa ha prodotto.

 

Per vedere la cosa da fuori, riporto da wiki.

Questo è abbastanza giusto: l'ala creativa fu stroncata soprattutto dal dilagare dell'eroina; essi infatti - molto più dediti all'uso di droghe che alla violenza politica - furono facile preda di questa droga che segnerà la vita di molti giovani per tutti gli anni ottanta. 

Anche questo: Non si riconosceva nelle strutture della sinistra parlamentare ed extraparlamentare ispirandosi piuttosto ai rappresentanti del Beat Generation americana. 

Questo è smaccato: Molti andarono ad ingrossare le file dei tossicodipendenti da eroina e cocaina. Altri si rifugiarono in varie sette mistiche, legate alla cultura dell'oriente, in particolare a quella d'impronta buddista o di un misticismo particolare come quello dei cosiddetti arancioni di Osho Rajneesh: per questo motivo molti ex Indiani metropolitani ed ex "fricchettoni" si trasferirono in India.

 

Per capire la cosa da dentro, invece, devo specificare.

 

Il punto non è che “erano dediti alle droghe”, fu come nelle Grandi Praterie, con marjuana ed LSD che sostituirono l’alcool. I più deboli ci cascarono e furono poi spazzati via dall’eroina. Ne ho visti morire molti. Altri li ho curati. Di quelli che entrarono nell’eroina, un paio ancora sopravvivono ed ovviamente sono commoventi.

Io avrò fatto in tutto 3 o 4 trip. C’era gente che per un bel periodo ne faceva uno la mattina ed uno la sera.

Non ho mai comprato marjuana, non l’ho mai presa da solo, e la fumavo solo quando me la passavano e raramente. Non ce n’era bisogno, quando gli altri fumavano io potevo andare direttamente in risonanza perché la conoscevo.

Questo è il punto, conoscere le droghe, capire uno stato di coscienza e cosa ti può dare. È una conoscenza sciamanica che, se possiedi, puoi adoperare, anche a prescindere dall’assunzione. Serve per esplorare te stesso e la realtà, perché la tensione interiore è quella.

Si tratta, tutto sommato, di piccole esplorazioni, ma a quell’età e con la consapevolezza che puoi avere a vent’anni, sembrano importanti.

Ciononostante, se non avessi incontrato l’esperienza della meditazione, penso che anch’io sarei finito nell’eroina.

 

Sulla politica non c’è dubbio. Fu una cosa anche peggiore della droga. Il nostro comunitarismo non è mai stato comunismo.

Il tipo d’energia mentale che la politica si porta appresso è pesante. C’era all’inizio una certa apparente contiguità sociale coi “compagni”. “Abbiamo “fatto la sinistra” come si fa la varicella, abbiamo addosso non dico ferite, ma almeno le cicatrici”. Io ho assistito a spedizioni punitive di extraparlamentari di sinistra contro ashram e sessioni di satsang. La sinistra fu feroce contro i movimenti spirituali, specie quella che si definiva “alternativa”, almeno sino a che il vice-direttore di Re Nudo non divenne “arancione”.

 

Sul “rifugiarsi in varie sette di estrazione orientale” ho molto da obbiettare. Persino i Beatles c’hanno provato, e Lennon c’è quasi entrato. Ma non fu affatto un rifugio. Chi lo prese come tale lo abbandonò presto oppure lo rifiutò sentendosi tradito. La promessa del Sé è l’unica che la vita mantiene. E se la scopri è tua e non dipende più dall’esterno. I Maestri sono un mezzo, come da sempre si sa in tutte le Tradizioni del mondo. Questo non c’entra nulla con le sette e nemmeno con le religioni. L’Oriente ha solo reso direttamente accessibile quello che l’Occidente continua a velare.

Io non sono mai stato in India, l’Oriente è dentro di noi.

A quel punto, naturalmente, smetti di essere hippy o qualunque altra cosa, e cominci ad essere te stesso.

 

Un altro aspetto portante della cultura hippy era “l’amore libero” e ci fu ovviamente chi trovò normale abusarne. È un grande equivoco, questo, ed è antico come il mondo.

Sino al terzo secolo l’amore libero era comune anche nel movimento cristiano, poi Sant’Anselmo lo definì una “nuova forma di puttaneggiamento” e vennero fuori ministri di culto col voto di castità.

L’amore è un mezzo, soprattutto quello di coppia. E questo, ovviamente, non c’entra quasi niente col matrimonio.

Forse quest’aspetto fu il contributo più importante della cultura hippie alla società moderna, riportare a galla la possibilità di far respirare l’amore intimo. Penso che tutti oggi ne usufruiamo.

 

La musica, come il teatro del resto, fu un fatto essenzialmente marginale. Anche se appare molto appariscente visto da fuori. Ed oggi evidentemente del tutto commercializzato. Anche a Woodstock, del resto, il palco divideva nettamente il popolo dagli artisti professionisti. Ma l’evento che lì si svolse trascese ampiamente gli artisti e la musica, ne fu solo la colonna sonora. Woodstock non fu un festival rock, fu il più grande rito comunitario degli hippies. Paragonabile soltanto agli immensi festivals religiosi dell’India.

 

I vestiti? Furono coraggiosi come i capelli lunghi. Oggi è normale vestire casual ed avere i capelli lunghi. Collanine, cavigliere e anelli. Artigianato di strada e teatro di strada. Slang di massa. E molte altre cose che oggi sembrano ovvie, ma che prima non c’erano e da allora hanno cominciato a esistere.

 

E la pace dove la mettiamo? Melanie (cantante e chitarra folk a Woodstock) disse: “Io non sono contro la guerra, sono per la pace. C’è una bella differenza fra le due cose”. Rende.

Oggi tutti i Maestri spirituali insegnano la stessa cosa. La pace che ognuno di noi ricerca è uno stato interiore.

 

Per la letteratura, si cita Keruac e gli altri come lui. Ma quando morì Tolkien i giornali underground inglesi uscirono listati a lutto. Anche Castaneda fu importante.

Da lì cominciarono seriamente tutti i generi fantasy, mitologici, esperienziali e simili.

E non dimentichiamo Gandhi. L’IKing. E la riscoperta di testi di ogni Tradizione.

 

L’ecologia è un’altra intuizione portante degli hippies, che avevano dentro l’archetipo divino del cerchio della Madre Terra, come i nativi americani, gli indiani d’India e tutta la sterminata cultura neolitica dell’umanità. Dopo, divenne normale il Pensiero Ecologico in ogni aspetto della vita.

 

Il rito è un’altra caratteristica. È l’aspetto formale della celebrazione degli aspetti della vita.

Io facevo il pane e lo decoravo con la runa di Gandalf. E passarsi uno spinello era come far girare la pipa. E l’atto sessuale e il parto. E l’ospitalità. Molte cose di questo genere.

 

Il gioco.

 

Il viaggio.

 

Il rispetto per la libertà degli altri. Non quello formale, intendo, ma quello sulla tua pelle.

E la ricerca della libertà che, ovviamente, è un fatto interiore.

 

Il lasciare andare (che per i buddhisti è una mente infinita).

 

La presenza interiore. Lo studio di sé.

 

Il ritmo con cui fai le cose.

 

L’apprezzamento per il vegetarianismo. Gli hippies furono pionieri moderni in questo, non dico fossero davvero vegetariani, ma diedero dignità superiore al vegetarismo ed all’alimentazione biologica.

Da lì vennero il pane integrale, il riso integrale, il tamari, ecc.

 

L’indifferenza assoluta per ogni forma di consumismo.

Non viceversa: il consumismo si gettò potentemente sul movimento per farlo suo. Si parla tutt’ora di moda hippy, il che è agli antipodi esatti, perché non si sa guardare da dentro.

 

Dipingere un muro, attraversare mezza nazione in autostop, dormire sotto le stelle non sono cose in sé, hanno valore perché divengono stupore dell’anima. La realtà ordinaria diventa meraviglia e conquista interiore, cosa eccezionale ed anche familiare ed intima. Questo è il senso dell’LSD. E naturalmente si voleva raggiungere il punto in cui “sei sempre in acido”, perché non c’è nessun motivo di uscire da lì.

Ma l’esperienza si perde, non soltanto perché è indotta artificialmente, ma perché per sua natura un’esperienza non-mentale non può essere registrata dalla mente.

La meditazione è una cosa molto più seria, ma ovviamente più impegnativa.

Accettare la trasformazione è il punto. E la trasformazione ti porta al centro dell’esperienza di vita come fatto saliente. Così l’hippy perde i suoi aspetti esteriori e diviene vita e realtà.

E persino –come abbiamo appena visto- trasformazione silenziosa della società.

 

Hippy è un movimento di consapevolezza, della consapevolezza infantile che si unisce a quella post-adolescenziale. Tutti i bambini e tutti gli adolescenti attraversano una fase hippy.

Diciamo che hippy è una fase di passaggio del risveglio spirituale. Un fiore che devi sperimentare e poi lasciare cadere per vivere il frutto.

Per tale motivo, chi è davvero stato hippy non può esserlo più, perché si è trasformato.

Chi non è ancora riuscito a superare quella fase è più fedele alla forma.

 

Ogni generazione ha una fase in cui scopre inconsapevolmente il tesoro vitale della vita e dal momento dopo deve affrontare la nostalgia e confrontarsi col mondo.

La mia generazione fu favorita dagli dei.

 

Oltre che a livello neurofisiologico e biofisico, il punto centrale della questione può spiegarsi bene a livello antropologico.

Il punto focale è che ogni popolo dovrebbe lavorare su questa terra per permettere una migliore fruibilità della vita ai figli e favorire il loro divenire adulti.

Questo è un fine che le generazioni attuali stanno probabilmente disattendendo, e che la generazione hippie ebbe perfettamente chiaro.

 

La stagione hippie è stata una piena fioritura, che è riuscita a manifestarsi al centro di una civiltà industrializzata, conflittuale e desertificata di senso. Molti di quelli che parteciparono a Woodstock erano sopravvissuti alla leva obbligatoria in Vietnam, e molti altri saranno parte di quei cinquantamila ragazzi che ci andranno a morire.

In momenti di assurdità come questi, gli dei, talvolta, regalano una pioggia di benedizione.

 “Quando il deserto fiorisce” capita raramente, ma capita ogni volta che piove. 

 

 

 

 

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