“Sotto l’aspetto quantitativo, come pure sotto quello qualitativo,
la fonte di gran lunga più importante della nostra conoscenza,
a parte la conoscenza innata, è la Tradizione”. (Karl Popper) (1)
Lo Yogasutra (Patanjali, IV secolo d.C.) è un testo sacro -in quanto proveniente da un’esperienza massimamente profonda dell’essere-, ma la sua peculiarità è quella di applicare un procedimento scientifico all’osservazione ed alla sperimentazione della realtà.
In questo, l’opera è epistemologicamente molto più progredita della cultura occidentale ad essa coeva.
Il testo realizza, inoltre, un’operazione che soltanto negli ultimi decenni noi concepiamo possibile: mantenere il Metodo Fenomenologico ancorato sia all’osservatore che all’oggetto.
In tale prospettiva spariscono le dicotomie a priori fra corpo e mente o fra ciò che definiamo “psicologico” e “spirituale”.
Il libro riesce a dare ragione del significato della maggioranza delle pratiche yoga esistenti e, per tale motivo, viene ancora oggi considerato una sorta di “Bibbia dello Yoga”.
Pur essendo scientifico, il Metodo di Patanjali non è detrattivo del training conoscitivo classico che procede da maestro ad allievo, né delle pratiche devozionali, ma inserisce questi aspetti nell’ambito della effettiva loro utilità per conseguire il suo oggetto: la sperimentazione e la conoscenza di stati di coscienza che abbiano il potere di trasformare le potenzialità dello sperimentatore e la sua operatività in riferimento a sé stesso ed alla realtà concreta. In una parola: l’acquisizione della Conoscenza della Realtà.
Alla nostra valutazione contemporanea, il Metodo esposto nello Yogasutra -applicato alla conoscenza dei fenomeni di coscienza e dei funzionamenti mentali- è scientifico in quanto fondato razionalmente, sistematico e ripetibile intersoggettivamente.
(1) L’opera epistemologica di Popper, come del resto quella dei suoi estimatori, si attenne sempre ad un razionalismo ostinato che Feyereband non esitò a definire “pedante”. Considerando inoltre che la Tradizione che lui approfondì fu soltanto quella dell’antichità greca, questa sua conclusione è davvero una testimonianza paradossale e -a suo modo- preziosa, dei limiti del “ragionamento scientifico” occidentale moderno.